Scenario:

Una diversa organizzazione del lavoro, determinata da una produzione che deve diventare sempre più flessibile anche in termini di orari e luoghi, una possibile riduzione dei posti di lavoro nelle fasce di competenza medio-basse, ma una contemporanea creazione di nuove figure professionali, necessita di continua formazione on the job, sul luogo di lavoro, una crescente responsabilizzazione del lavoratore.

E un diverso paradigma anche sul fronte della relazioni industriali, ovvero del rapporto fra lavoratori e imprese. Sono questi gli elementi su cui fondamentalmente concordano le analisi e gli studi sul modo in cui la fabbrica digitale, ovvero industry 4.0, sta cambiando e soprattutto è destinata a cambiare il mondo del lavoro.

I lavori più a rischio siano quelli con mansioni di livello medio-basso. Però, al contempo, ci saranno figure che invece cresceranno, anche nella stessa industria manifatturiera, per esempio nell’ambito dell’analisi dei dati.

Figure professionali ricercate:

Industria 4.0 significa, fra le altre cose, che il prodotto ha vita più lunga, perché viene monitorato anche dopo la sua vendita, attraverso sensori. Questo porterà figure nuove, oggi nessuna professionalità si occupa del prodotto dopo la vendita, se non a livello di manutenzione. L’ipotesi più probabile è che si apriranno altri scenari, e ci sarà spazio per competenze di alto livello, oppure sui servizi.

Fra le  figure fondamentali individuate, attraverso interviste nelle fabbriche digitalizzate italiane ci sono:

  • il sistemista, che ha la capacità di dominare tutte le tecnologie coinvolte, in processi che hanno migliaia di pezzi coinvolti;
  • il tecnologo che fornisce le istruzioni operative ai processi in modo che l’operatore intervenga il meno possibile;
  • il coordinatore tecnico con  elevata competenza tecnica;
  • l’ingegnere 4.0: è una delle figure professionali su cui concentrano maggiormente i cambiamenti.

Obiettivi della Commissione Europea:

Vale a questo punto la pena di ricordare che, sullo sfondo di queste analisi, ci sono gli obiettivi indicati dalla Commissione Europea: passare, entro il 2020, al 20% del PIL comunitario rappresentato dal manufatturiero, dal 15,6% del 2012.

In realtà, Industry 4.0 riporta “il lavoro dell’uomo al centro della fabbrica“, alla fine del 1900, 15 anni fa, si pensava che l‘ICT portasse l’innovazione e alla fine i robot eliminassero l’uomo dalla fabbrica. Oggi invece, come ci mostrano i cugini tedeschi l’uomo torna al centro della fabbrica, perché industry 4.0 significa flessibilità nella produzione e l’elemento più flessibile è quello umano.

La realtà manifatturiera non è oggi interamente digitalizzata e automatizzata e difficilmente lo sarà nella sua totalità, in virtù dell’importanza del capitale umano e del suo valore aggiunto nei processi di innovazione. La presenza di gruppi di tecnici altamente specializzati nei diversi settori della produzione manifatturiera, impiegati in operazioni di gestione e controllo, può essere un fattore determinante in ottica di risultati e di competitività.

E infine, non possiamo non riconoscere un nesso di causalità fra il genio e la creatività umana, e la macchina. L’automa (anche il robot, ovvero una macchina dotata di intelligenza artificiale, quindi in grado di migliorare le proprie prestazioni), non è in grado di produrre da sè salti qualitativi.

Resta quindi necessario un legame di controllo e subordinazione della macchina all’uomo, anche per poter consentire un continuo processo di innovazione. A maggior ragione, si potrebbe aggiungere, nel paese del Made in Italy, che del valore aggiunto rappresentato dalla creatività e dalla capacità di innovazione, ha fatto un vero e proprio marchio.

Fonte: Agendadigitale