Digitalizzazione e automatizzazione:
Il pensiero che la tecnologia non serva per migliorare la vita dell’uomo, ma che invece sia solo un modo per togliere posti di lavoro, è nella testa di tanti. Noi siamo convinti che non sia così. Nulla si può fare senza l’aiuto dell’uomo: il robot non ha potere decisionale e non può gestire gli imprevisti . L’uomo è un essere pensante, il robot no. Duecento anni fa, con l’avvento della Rivoluzione Industriale, ecco cosa accadeva: circa il 99% dei lavoratori agricoli fu automatizzato ma non per questo non ci sono stati più occupati nel settore dell’agricoltura , semplicemente l’avvento della macchina a vapore, o dell’elettricità o ancora dei computer piuttosto che della fabbrica digitale, non tolgono lavoro all’uomo ma ne migliorano la qualità e la produttività. Si parla infatti di “robot collaborativi” che non lavorano più per gli uomini ma con gli uomini, facendo della tecnologia una risorsa capace di creare incredibili avanzamenti, non sempre prevedibili.
I dati Istat sulla disoccupazione 2017:
Per dimostrarvi che la nostra tesi sul rapporto inverso tra digitalizzazione e disoccupazione, pensiamo ai cugini tedeschi, che dell’andamento dell’ industria innovativa ne fanno un vanto: la Germania è il terzo mercato al mondo per l’utilizzo della robotica, ma nonostante ciò, dal 2009 al 2015 la disoccupazione è diminuita del 37%. Questo accade perché i robot aumentano la produttività e quindi la necessità di avere più mano d’opera per gestire i processi di fabbrica. I dati incoraggianti arrivano anche dagli Stati Uniti, dove i robot hanno creato 1,5 milioni di posti di lavoro. Forse dovremmo fidarci della digitalizzazione di fabbrica e non temerla.
Nella media del 2017, il tasso di disoccupazione era calato di 0,5 punti percentuali: all’11,2% dall’11,7% dell’anno prima. Il numero delle persone in cerca di un lavoro era diminuito di oltre 100 mila unità (-3,5%). L’occupazione era favorita dai dipendenti a tempo determinato, che nella media annua erano pari a 2 milioni 723 mila, aumentando di 298 mila unità, contro il rialzo di 73 mila unità per gli indeterminati. Certo permanevano i divari tra Sud e Nord:
- Mezzogiorno (19,4%)
- Nord (6,9%)
- Centro (10,0%)
L’indagine fornisce anche un altro spunto: scende il tasso di disoccupazione per i giovanissimi under 25 (al 34,7%, -3 punti) e per i giovani 15-34enni (-1,3 punti), mentre sale quello degli over 50 (+0,2 punti).
Nel quarto trimestre del 2017 l’occupazione presentava una lieve crescita (+0,1%), dovuta all’ulteriore aumento dei dipendenti a termine (+2,0%) a fronte del calo di quelli a tempo indeterminato (-0,2%) e degli indipendenti (-20 mila, -0,4%). Il tasso di occupazione cresce di 0,1 punti rispetto al trimestre precedente arrivando al 58,1%. Gennaio 2018 presentava un lieve aumento del numero di occupati rispetto a dicembre 2017. Ma cosa è successo nel 2018?
Dati Istat 2018:
Sale invece il tasso di disoccupazione a ottobre in Italia e anche la disoccupazione giovanile. Il tasso di disoccupazione ha toccato il 10,6%, + 0,2 punti su settembre. Tuttavia, il dato è in calo dello 0,5% rispetto allo stesso mese del 2017. L’Istat ha spiegato che i disoccupati ad ottobre erano 2.746.000, in crescita di 64.000 unità su settembre, ma in calo di 118.000 unità su ottobre 2017.
Mentre il PIL era calato dello 0,1%, il numero degli occupati è rimasto stabile dal 2017 al 2018. Sale anche la disoccupazione giovanile
Il tasso di disoccupazione dei giovani era arrivato al 32,5% anche se secondo quanto rilevato da Istat, il tasso di occupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni ha subito una lieve crescita sia rispetto al mese di settembre 2017 sia rispetto all’intero anno precedente.
“Per quanto riguarda il numero degli occupati nel mese di ottobre, questi sono rimasti sostanzialmente stabili rispetto a settembre (+9.000 unità) mentre sono cresciuti di 159.000 unità su ottobre 2017. Istat spiega inoltre che il tasso di occupazione è rimasto stabile al 58,7%, ma in calo nel trimestre agosto-ottobre rispetto a quello precedente (-40.000 unità). La stabilità degli occupati su settembre deriva da un aumento dei dipendenti permanenti (+37.000) e da un calo per i lavoratori a termine (-13.000) e degli indipendenti (-16.000).”
Tg24.sky.it Economia, Dati Istat disoccupazione ottobre 2018, 2018/11/30
Le nuove skill nell’era della digitalizzazione:
Sicuramente i lavoratori dovranno acquisire nuove competenze digitali, skill come piace chiamarle ai più eruditi, necessarie per poter utilizzare i nuovi strumenti. Questo sarà un cambiamento culturale che cambierà il modo di vedere il lavoro, ma anche la nostra vita.
Quando si parla di trasformazione digitale delle imprese, il focus è quasi sempre sull’impatto sui modelli di business perché tutto parte da lì. Infatti, le tecnologie digitali cambiano i modi di produrre, creare prodotti e servizi, far filiera, relazionarsi con la clientela, sino a rivoluzionare i fondamenti di mercati.
Parola chiave: rinnovare .Tutte le evidenze portano a vedere il digitale come componente chiave in tutti i mestieri, nuovi e di sempre. È dunque importante che tutti possano adeguare di conseguenza il proprio bagaglio di competenze, e che le aziende possano assumere profili sempre più competenti nel mondo digitale. Qui gioca un ruolo fondamentale la capacità, a livello di rinnovare i percorsi di formazione in ottica digitale, a tutti i livelli, dalla scuola secondaria all’università.
Non solo competenze digitali ma anche soft skills, cioè quelle capacità trasversali che spaziano dall’open mind alla conoscenza dell’inglese, dal problem solving al team working. Qui la top ten delle soft skills richieste nel 2020.
- Complex problem-solving
- Critical Thinking
- Creativity
- People management
- Coordinating with others
- Emotional intelligence
- Judgement and decision-making
- Service orientation
- Negotiation
- Cognitive flexibility