“Negli anni settanta l’automazione significava sostituire i robot all’uomo, quindi veniva vista come il “nemico” dei posti di lavoro. Noi risentiamo ancora di questo trascorso storico, ma in realtà oggi la digitalizzazione passa dall’automazione industriale all’automazione cognitiva. Avendo maggiori dati in tempo reale, rendiamo più efficiente il lavoro degli operatori. L’operatore diventa ancora più efficiente e competitivo di prima. Il gap di competitività che potrebbe esserci tra un robot e un operatore si riduce.” A parlare è Marco Taisch, professore ordinario del Dipartimento di Ingegneria industriale del Politecnico di Milano.

La quarta rivoluzione industriale disegna sistemi informativi sempre più pervasivi nell’ambito della fabbrica: questo grazie alla maturazione di alcune tecnologie come l’Internet of things, i big data, il cloud computing e la sensoristica. Tutte queste innovazioni rendono possibile la raccolta di dati in tempo reale, favorendo la presa di decisioni necessarie per gestire il processo produttivo.

Oggi siamo in grado di progettare un prodotto totalmente in virtuale, senza la necessità di realizzare un prototipo fisico, come invece avveniva una volta. Riusciamo a pianificare la costruzione della fabbrica usando programmi di modellazione e programmazione virtuale, senza ricorrere a modellini.

In Europa, la prima grande intuizione nell’ambito della fabbrica digitalizzata è stata quella tedesca col programma “Digital industry 4.0”, risalente al 2011, che ha fatto poi da traino per tutti i Paesi che si sono mossi su questa scia.

“I Governi hanno rimesso al centro delle proprie politiche industriali il manifatturiero. Dopo gli scorsi anni, in cui tutti erano convinti che i servizi fossero il settore giusto su cui puntare, il manifatturiero torna al centro della scena. Anche l’Italia ha una politica su questi temi, ma non l’abbiamo ancora tirata fuori dal cassetto”, commenta Taisch.

L’Italia è quarta al mondo per la produzione delle macchine utensili e vanta un ruolo di prestigio tra i player mondiali del settore. “Solo in Lombardia, il manifatturiero pesa per il 29% del Pil regionale, quando la media nazionale è circa del 16%. Per ogni euro di Pil prodotto dall’industria manifatturiera ce ne sono 2-2,5 prodotti dai servizi correlati alla manifattura, come la logistica. Arriviamo così intorno al 60%-65% del Pil regionale.”, spiega Taisch.

L’Unione Europea ha mosso i primi passi in tal senso un paio di anni fa e, proprio lo scorso 19 aprile, Günther Oettinger, commissario europeo per l’economia e la società digitale, ha presentato la comunicazione sulle industrie digitali a Bruxelles. Si tratta quindi di un ritorno di attenzione sul manifatturiero anche da parte dell’Unione Europea, che diventa naturale traino di politiche industriali e investimenti.

Fonte: Wired