Sono quattro i punti che Confindustria digitale sottoporrà al governo per costruire un’alleanza che aiuti le imprese ad affrontare la disruption:

  • disponibilità ad aiutare l’AgID nel suo compito titanico di completare le piattaforme tecnologiche dedicate ai cittadini nei tempi previsti;
  • apertura in tutte le università di almeno un corso sui temi del digitale;
  • spinta al digital single market, che rappresenta una grande occasione per ricostruire l’Europa;
  • politiche di sostegno agli investimenti in tecnologia, senza chiedere risorse aggiuntive, ma orientate verso i settori più promettenti.

L’Italia è fatta di ecosistemi, ne abbiamo parlato per anni senza fare niente, mentre la rivoluzione digitale sembra fatta apposta per valorizzarli. Per questo si intende lavorare sulla costruzione di marketplace e piattaforme comuni per filiere specifiche, supportando gli imprenditori anche con innovation hub che li aiutino a sviluppare competenze, metodi e relazioni con startup innovative. Verranno aperti cinque innovation hub nei prossimi quattro mesi, iniziando da Milano.

Si tratta di un approccio nuovo al mondo economico tricolore, il successo in questo nuovo scenario, non è dato dall’uso della tecnologia, ma dal modo in cui leadership, grazie alla tecnologia raggiunge i propri obiettivi.

E l’urgenza per le imprese non è tanto comprare tecnologia, ma integrare il digitale nei propri processi. La digitalizzazione va a velocità straordinaria, e per gestirla serve una visione di impresa sempre pronta al cambiamento, con la capacità quindi di ripensare competenze, processi, prodotti e servizi, mettendo al centro le persone e cogliendo l’opportunità più grande di questa trasformazione: l’IoT, specialmente in settori critici per la nostra economia come il manifatturiero e l’agroalimentare. Il focus ora è sull’esecuzione. Dobbiamo eseguire il piano con una ricetta che consenta di recuperare competitività senza dimenticare le piccole imprese e le filiere, visto che oggi c’è la possibilità concreta di dare nuova voce a questi soggetti.

Sul fronte della digital skill l’Italia fa registrare un tasso di penetrazione del 24% contro il 27% della media europea, mentre sulle competente avanzate il divario è tra il 19% tricolore e il 28% dell’Unione.

Sull’e-government rispetto all’offerta di servizi siamo teoricamente allineati, ma il fatto che la penetrazione sia da noi pari al 18% contro il 32% del continente mette in evidenza che in Italia c’è un problema di sottoutilizzo.

In ogni caso, la macchina è partita: il rodaggio dell’identità digitale ha già coinvolto 77 mila cittadini, e da settembre ci sarà il lancio su larga scala, mentre sul piano dei pagamenti si contano 14.500 amministrazioni collegate al Nodo. Ora stiamo lavorando per riuscire a portare il nostro lavoro ai tavoli dell’Unione europea. L’integrazione con la cornice comunitaria non può essere separata dall’azione locale, in quanto è a Bruxelles che si stabiliscono le regole che poi influiscono sulla competitività delle aziende.

fonte: Corriere comunicazioni