Il contesto nazionale:
L’industria 4.0 darà una spinta alla digitalizzazione dei processi aziendali; alimenterà un ecosistema di abilitatori digitali; e ne avrà bisogno per attuarsi pienamente. Offrirà l’occasione per espandere la base industriale, in Europa e soprattutto in Italia. Ma sarà anche il treno da non perdere per non rimanere inesorabilmente al palo.
La quarta rivoluzione industriale conta elementi di continuità con il passato.
Non è nuovo, per esempio, l’impatto che la diffusione (o la non diffusione) dell’ICT promosso e diffuso dalle nuove forme di manifattura digitale avrà sul Pil delle economie nazionali. Una ricerca Roland Berger calcola che l’industria europea potrà aumentare il suo fatturato per oltre 250 miliardi di euro all’anno (o perderne 605, se non digitalizzerà i suoi processi).
I settori del digital inside:
È nuova, invece, la completa integrazione delle tecnologie informatiche con tutti i processi economici e produttivi. È nuovo il digital inside, ovvero il confondersi dei confini tra quello che è digitale e non-digitale.
Le prime ondate del fenomeno sono già visibili nei settori dell’automotive, della domotica e della sanità. In questi ambiti il digital inside è stato perseguito per rispondere a specifiche richieste del mercato: prodotti più sicuri, più efficienti, più intelligenti.
Una ricerca dell’Osservatorio Smart Manufacturing del Politecnico di Milano («La competitività della manifattura passa dal digitale») ha analizzato 192 applicazioni di smart manufacturing, per individuare le tecnologie e i processi già oggi coinvolti dal digital inside. Il merito della ricerca è quello di aver condotto un’analisi empirica.
Il processo più digitalizzato, con 75 applicazioni censite, è quello della “produzione”. Seguono le fasi relative a “processi logistici”, “sviluppo di nuovi prodotti” e “manutenzione” . Tra i processi meno coinvolti, al momento, ci sono quelli relativi alla gestione dell’inventario e della pianificazione della produzione e della distribuzione.
Le tecnologie più utilizzate e diffuse tra le aziende monitorate riguardavano, invece, gli ambiti “internet delle cose”, “big data”, “interfaccia uomo macchina di nuova generazione” e “cloud manufacturing”. Tra le tecnologie emergenti l’automazione avanzata.
La matrice che emerge dallo studio dell’Osservatorio del Politecnico disegna una struttura aziendale complessa e interconnessa. Appare chiaro come l’Industria 4.0 non porterà con se solo una domanda di infrastrutture digitali. Ma farà esplodere anche un bisogno di competenze digitali avanzate.
Il punto di vista delle aziende:
Nelle aziende sarà sempre più richiesta la figura del “digital manufacturing architect”. Persone capaci di ripensare l’organizzazione della fabbrica e dei suoi processi, sia analogici che digitali. Tutto dovrà essere ripensato. Dagli spazi all’organizzazione del lavoro, dentro la fabbrica, ma anche fuori: i confini dell’impresa risulteranno meno netti, il mondo esterno fatto di clienti, fornitori, istituzioni sarà sempre più integrato.
Cambierà il rapporto tra fabbrica e prodotto: l’internet delle cose farà nascere oggetti capaci di comunicare con chi li ha fabbricati, per tutto il ciclo di vita. L’impatto sarà dirompente, se si considera che la manifattura, da sola, genera il 77% della ricerca e sviluppo e il 70% delle esportazioni globali. Il suo contributo al Pil mondiale è pari al 17%.
Forse anche per questo le proiezioni sugli effetti della rivoluzine del digital inside sono molto ottimistiche, in alcuni casi forse eccessive. Anche perché la realtà in azienda è ancora, per molto aspetti, analogica. Da un recente sondaggio condotto tra le PMI della stessa Germania, emerge per esempio che il 99% del campione dichiara di aver incontrato difficoltà nel ricevere le innovazioni dell’industria 4.0, se pur con gradi diversi.
Si aggiunga che la materia è difficile da definire, anche perché l’innovazione dei processi e dei prodotti che sta guidando la nascita della smart factory non utilizza sempre nuove tecnologie: nella maggior parte dei casi è piuttosto il risultato di combinazioni nuove di tecnologie esistenti. Parlando di industria 4.0 con gli imprenditori italiani, c’è una battuta che ricorre più delle altre: «Noi i sistemi cyber-fisici li abbiamo sempre fatti. Solo non li abbiamo mai chiamati così».
La sfida è duplice: da una parte c’è il rischio di creare una “bolla”. Dall’altra bisogna evitare l’errore di sottovalutare la trasformazione in atto, derubricandola a semplice moda.
Fonte: Nova.IlSole24Ore