Industria 4.0 può essere il giusto «motore» per far ripartire investimenti e produttività in Italia. Ma il rischio è che giri a vuoto se non ci sarà un altrettanto grande sforzo per adeguare le competenze di chi non vuole essere escluso dalla quarta rivoluzione industriale.
Industria 4.0 non tocca solo la fabbrica ma anche le catene di fornitura e subfornitura fino al rapporto col cliente finale. Quindi l’automazione della fabbrica sarà solo un tassello dell’ecosistema. E per questo le opportunità sono molte.
La situazione è allarmante però: nei Paesi Ocse dal 45 al 60% della forza lavoro, in Italia quasi il 50%, ha zero o scarse capacità informatiche. Per questo senza un piano sul lavoro 4.0 anche le grandi opportunità di industria 4.0 possono essere messe seriamente a rischio.
La digitalizzazione della manifattura porta con sé grandi potenzialità: è un motore che se legato a un periodo di stabilità politico-economica può generare una ripresa degli investimenti e quindi una maggiore produttività. Ma per farlo viaggiare al massimo questo motore è necessario indicare un percorso chiaro in cui le aziende dovranno fare la loro parte.
È noto che la Germania almeno in Europa da anni ha fatto da apripista nel cambio di pelle della manifattura verso la rivoluzione digitale. E non è un caso che il Governo di Berlino dopo aver prodotto un white paper e un green paper su industria 4.0 ha realizzato anche un documento sul lavoro 4.0.
Per un piano italiano necessario e urgente indica alcuni pilastri: innanzitutto, bisogna ripensare il sistema formativo della scuola e dell’università legandolo maggiormente al mondo dell’impresa. L’obiettivo non deve essere solo quello di formare persone con gli skill tecnici, ma anche altre che abbiano quantomeno skill minimi di base e i soft skill, sempre più necessari e su cui l’Italia è indietro.
Fonte: IlSole24Ore