L’Italia ha ancora paura dei robot in fabbrica?
Robot in fabbrica e occupazione. È ciò su cui ha riflettuto la ricerca “The Impact of Industrial Robots on Eu Employment and Wages” pubblicata nell’Aprile 2018 e diffusa da Bruegel, un gruppo di riflessione politico-economico internazionale con sede a Bruxelles e famoso a livello europeo. Tema centrale è il timore dei ricercatori che introdurre un robot ogni mille lavoratori comporti un taglio di 0,2 punti percentuali nel tasso di occupazione dell’economia nazionale.
Se così fosse si parlerebbe di un impatto economico non indifferente, soprattutto nel panorama nostrano dove il tasso di occupazione è di poco superiore al 60%. Qui, secondo i parametri della ricerca, l’introduzione di un singolo robot ogni mille lavoratori porterebbe cancellare 75mila posti di lavoro.
Più robot, più occupazione
Ma la ricerca di Bruegel è facilmente confutabile. Basta osservare quello che sta succedendo nel mercato tedesco, terzo per l’innovazione robotica: qui si è registrato un calo nel livello di disoccupazione del 37% dal 2009 al 2015. Questo perché i robot, in realtà, aumentano la produttività e di conseguenza creano nuove necessità di assistenza umana.
Al contrario, in assenza di investimenti nella digitalizzazione e nell’ automazione, i paesi rischiano di avviarsi velocemente verso una completa deindustrializzazione del Paese.
Quando l’automazione è un guadagno?
L’acquisto di robot nel mondo è aumentato, negli ultimi anni, del 500% e secondo alcune previsioni, nel 2099 il 70% dei lavoratori sarà automatizzato.
Circa l’80% del totale dei robot è distribuito in quattro settori: in quello dell’automotive per il 43%, dell’elettronica per il 21%, del metallo per il 9% e della chimica per il 7%.
I paesi in cui i robot vengono più acquistati o creati sono la Cina, Giappone, Corea del Sud, Usa e Germania. È quindi facile intuire che il successo della robotizzazione sia in stretta relazione con la ricchezza interna di un paese; sicuramente richiede degli investimenti governativi importanti, ma rende moltissimo in termini di profitto.
Un futuro pieno di robot?
Rifuggendo i film di fantascienza dove i robot prendevano il sopravvento sugli uomini, oggi finalmente si parla per lo più di “robot collaborativi”, i CoBots, che non lavorano più per gli uomini ma al loro fianco.
Solo così la risorsa umana potrà sentirsi non scavalcata o sostituita, ma incentivata a una produzione più serrata, semplice e funzionale che possa facilitare molti processi faticosi e degenerativi.
Grazie ai nuovi sensori sviluppati dall’ingegneria, i robot hanno la capacità di percepire persone nello spazio circostante, fattore che li rende sempre più sicuri e affidabili.
La “colonizzazione robotica” è quindi un timore che non ha ragione di esistere.
È però fondamentale fissare norme legali ed etiche, un codice valido per tutti i Paesi Ue sull’impiego dell’intelligenza artificiale e delle sue creazioni. Ed è quello a cui sta lavorando l’Euparlamento.
Se questa è la realtà che preme, inutile restare indietro.
Scegli anche tu la digitalizzazione, se ancora non l’hai fatto!